Insegnare ai nostri figli a saper perdere
La “sconfitta” è un’esperienza fondamentale per la crescita di nostro figlio, in quanto gli permette di confrontarsi con i propri limiti, spingendolo ad accettarli; al tempo stesso lo mette in contatto con le proprie capacità, allenandosi ad affinarle. Il compito di noi genitori è quello di aiutarli in questa presa di coscienza, insegnando loro il valore della sconfitta e preservando il concetto che hanno di se stessi.
Nella società di oggi, dove il fallimento è visto come una sconfitta e spesso una vergogna, i bambini imparano che l’unico modo per essere apprezzati e riconosciuti è vincere ad ogni costo.
Sono soprattutto i maschietti a vivere male l’insuccesso, e questo lo si riscontra fin da piccoli, a scuola, in attività sportive o semplicemente quando giocano tra di loro.
Il ruolo di noi genitori:
Troppo spesso mamma e papà, con il loro atteggiamento, contribuiscono al fenomeno del bambino che non sa accettare una sconfitta che, se arriva, è oggetto di recriminazione del tipo:
“Potevi fare meglio”
“Se solo ti impegnassi di più”
“Hai le capacità ma non le usi”
“E’ questo il risultato per tutti i sacrifici che ho fatto?”
Per non parlare dei confronti, dei giudizi e delle critiche. Inoltre, molti genitori tendono a riversare sui propri figli le loro aspettative, enfatizzando in modo eccessivo i successi e rifiutando ogni tipo di insuccesso.
Il rischio di questo atteggiamento?
Queste modalità generano nel bambino un profondo senso di colpa, di incapacità, di frustrazione e lo espone al timore di deludere gli adulti e alla conseguente perdita di stima e di amore da parte loro.
Un genitore competitivo trasmette al proprio figlio il messaggio che “la sconfitta è sinonimo di debolezza”. Di conseguenza il bambino vivrà con ansia ogni tipo di prova che si troverà ad affrontare, e vivrà con disagio gli insuccessi che quasi inevitabilmente incontrerà.
Come affrontare la competitività
Uno dei compiti più importanti che un genitore, ma anche un educatore e un allenatore, dovrebbe prefiggersi di trasmettere è quello di “imparare a perdere senza disperarsi”.
E’ fondamentale aiutare il bambino a tollerare le sconfitte, comprendere che sono piccoli passi per migliorare le sue capacità, e che non per questo perderà la stima e la fiducia dei genitori, dei compagni e dell’allenatore.
Insegnamenti
Imparare ad accettare una sconfitta, insegna al bambino:
- la resilienza, indispensabile per rialzarsi ad ogni caduta;
- la determinazione;
- la costanza;
- la volontà necessaria per raggiungere gli obiettivi che si
prefigge; - il valore di confrontarsi costantemente con se stesso;
- lo spirito di sacrificio insito in ogni processo di crescita;
- l’accettazione e l’amore incondizionato di sé.
Inoltre è utile insegnarli che non si può, ne è necessario, essere bravi in tutto, e che ognuno ha caratteristiche e capacità “uniche”, e proprio per questo speciali.
E’ importante che mamma e papà sfatino il mito di dovere “essere bravi a tutti i costi”, in quanto il bambino tende ad associare, e quindi a confondere, il voto di una prova con il valore di sé come persona. Trasmettiamogli quindi il messaggio che non si tratta di dimostrare quanto vale.
Strategia
Quando prende un bel voto a scuola o ottiene un buon risultato in una gara, è più efficace e produttivo dire: “Si vede che ti sei impegnato molto, ben fatto. Ora vai pure a giocare”. Evitando, per quanto possibile, eccessi di lode e etichettature che rischierebbero di caricarlo di troppa responsabilità e aspettative per le volte successive.
Al tempo stesso non enfatizzare quello che il bambino non è riuscito a fare, concentrandosi invece su quello che potrà ancora fare. In questo modo insegniamo al bambino che gli errori sono preziosi alleati per migliorarsi e crescere.
E’ utile anche evidenziare che, a volte, si possono ottenere risultati meno soddisfacenti per la troppa emotività o la troppa stanchezza.
Riassumendo
E’ attraverso la sconfitta che il bambino impara a misurare se stesso e costruisce la sua identità.
Tentare ad ogni costo di “proteggerlo” dalla sconfitta significherebbe trasmettergli un’immagine non reale della vita: anche alle persone più capaci la vita può riservare qualche fallimento e richiedere qualche sacrificio.
I bambini dovrebbero vivere la scuola e ogni tipo di competizione come un luogo in cui “mettersi alla prova”, dove poter testare le proprie capacità, far emergere il loro talento e le loro potenzialità, per evitare che studino e si impegnino solo per ottenere la nostra approvazione e farci contenti.
Qualche suggerimento pratico
Se ha perso e si arrabbia:
- Trasmettergli sicurezza:
Puoi, ad esempio, dirgli: “So che non è una bella sensazione perdere, ti capisco. Anche i più bravi a volte perdono; la sconfitta non si può sempre evitare” - Resta calmo:
Evita di intervenire subito con l’intento di placare al sua disperazione, magari dicendo frasi del tipo: “Non è successo nulla di così grave” oppure “Non è il caso di piangere per così poco”. Questo tipo di reazione da parte nostra è frutto, il più delle volte, di una nostra incapacità di accettare e gestire la sua delusione; inoltre nostro figlio non si sentirebbe capito. E’ bene invece lasciare che sfoghi la delusione e la rabbia, standogli semplicemente vicino, limitandosi anche solo ad abbracciarlo. - Evitare di “prenderlo in giro”:
Scherza e ridere di quanto accaduto in un momento emotivamente così forte per lui è controproducente, in quanto, per tuo figlio quello che è successo è veramente importante, e il tuo atteggiamento alimenterebbe in lui rabbia e frustrazione. - Un premio per tutti:
Con i più piccoli prevedere delle ricompense anche per chi ha perso. In questo modo diamo valore a tutti i partecipanti. - Insegniamogli a congratularsi con chi ha visto:
Gli trasmettiamo l’importanza del riconoscimento, l’umiltà e l’aspetto ludico insito in ogni tipo di competizione. - Concedigli la rivincita:
Se giocate insieme e sei tu a batterlo, concedigli di riprovarci. In questo modo gli insegni la perseveranza, la capacità di resilienza e la fiducia che la sua performance è soggetta a variazioni.